Parrocchie di Poirino



Alcuni spunti per la preparazione alla liturgia della prossima domenica



Due uomini salirono al tempio a pregare, uno era fariseo, l’altro pubblicano...

Parabola per coloro che presumono di essere buoni e disprezzano gli altri. Non si può pregare e disprezzare, cantare a Dio ed essere spietati con gli uomini, sentirsi buoni e inebriarsi dei difetti degli altri. Come fa il fariseo: la sua è una vita di sospetti e di paure, una vita triste in un mondo corrotto, dedito all’imbroglio, al sesso, alla rapina. Come tutti i fondamentalisti, il fariseo è un angosciato: vede solo degrado e rovina attorno a sè. Dal suo sguardo duro nasce la sua preghiera insensata. Davvero «solo chi ha lo sguardo dolce sarà perdonato» (G. Palamas). Parabola inquietante: annuncia che nella preghiera ci si può separare da Dio e dagli altri, si può falsare la coscienza, ingannandosi su Dio e sull’uomo.
È ciò che accade al fariseo, buon praticante che fa più di ciò che è richiesto dalla legge, che conosce le parole giuste e inizia bene: O Dio, ti ringrazio. Ma poi non si interessa più di Dio: «io sono, io digiuno, io pago». Ha dimenticato la parola più importante del cosmo: «Tu». Non ha più bisogno di Dio; non a Dio parla, ma solo a se stesso: conosce il bene e il male, e il male sono gli altri; conosce il giudizio di Dio, da lui non ha nulla da ricevere, dagli altri nulla da imparare. Il suo Dio non fa nulla, registra solamente. È solo una muta superficie su cui far rimbalzare la propria soddisfazione. Il fariseo adora il proprio cuore, prega se stesso, avvolgendosi in un monologo dove il centro dell’universo sono due vocali magiche o stregate: «io». Le sue opere sono il piedistallo di un monumento innalzato a se stesso. È un Narciso allo specchio, lontano da Dio e dagli altri. Narciso è più lontano da Dio di Caino, è inconvertibile, come lo sono coloro che hanno perso il senso del peccato e della relazione.
Padre Turoldo giustificava così al cardinal Schuster la sua predicazione veemente: I miei uditori? Vorrei solo farne dei peccatori. Il pubblicano, peccatore consapevole, prega: Signore, abbi pietà di me. Mette al centro della sua preghiera non se stesso ma la pietà di Dio, non l’io ma il «Tu». Come nella preghiera di Gesù, dove mai si dice «io», mai «mio», ma sempre «tuo» e «nostro»: Padre, tu nei cieli, il nome tuo, il regno tuo, tu donaci, tu liberaci. Il pubblicano non è perdonato perché è migliore del fariseo (pensarlo è ripetere lo stesso errore: credere di meritarsi Dio), ma perché si apre, come una porta che si socchiude al sole, a un Dio più grande del suo peccato, a un Dio che non si merita, ma si accoglie; si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è anche la sua unica onnipotenza, capace di compiere miracoli in me: «Ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai pietà del peccatore che io sono» (A. Louf).

prima lettura Sir 35,12-14.16-18
Frasi analoghe a quelle di un catechismo tradizionale sulla giustizia di Dio, Difensore dei poveri. Ma la povertà non è solo materiale. Ogni uomo è povero davanti a Dio e deve pregarlo con umiltà.

Dal libro del Siracide
12 Il Signore è giudice
e non v’è presso di lui preferenza di persone.
13 Non è parziale con nessuno contro il povero,
anzi ascolta proprio la preghiera dell’oppresso.
14 Non trascura la supplica dell’orfano
né della vedova, quando si sfoga nel lamento.
16 Chi venera Dio sarà accolto con benevolenza,
la sua preghiera giungerà fino alle nubi.
17 La preghiera dell’umile penetra le nubi,
finché non sia arrivata, non si contenta;
18 non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto,
rendendo soddisfazione ai giusti e ristabilendo l’equità. - Parola di Dio.

salmo responsoriale 33, 2-3; 17-18; 19-20
Benedire Dio, lodarlo, glorificarlo, celebrarlo è tipico del cuore del povero. Il Signore ascolta il suo appello e lo salva.

Rit. Giunge al tuo volto, Signore, il grido del povero.

2 Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3 Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
17 Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
18 Gridano i poveri e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19 Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito
egli salva gli spiriti affranti.
20 Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.

seconda lettura 2Tm 4,6-8.16-18
Missione compiuta: per Paolo è giunto il momento di coronare il culto spirituale della sua vita (Rm 12,11) e del suo apostolato (Rm 1,9) con l'offerta del suo sangue, attendendo la beata speranza e la manifestazione della gloria (Tt 2,13). Come Gesù (Lc 23,34) e Stefano (At 7,60), egli perdona a coloro che lo hanno abbandonato. La sua prossima comparsa davanti a Dio gli concederà la liberazione definitiva.

Dalla seconda lettera di Paolo apostolo a Timoteo
Carissimo, 6 il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. 7 Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. 8 Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.
16 Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto di loro. 17 Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone. 18 Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. - Parola di Dio.

canto al Vangelo Cf. Mt 11,25

Alleluia, alleluia
Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli.

Vangelo Lc 18,9-14
"L'eucaristia" del fariseo sarebbe molto bella, se aggiungesse: "Sì, Signore, io ti rendo grazie: tutto il bene che ho potuto fare lo devo alla tua grazia". Il pubblicano sa di non poter far valere alcuna buona azione. Si riconosce peccatore e si rivolge umilmente a Dio per implorarne la misericordia e la ottiene. Esce dal tempio "giustificato" da Dio.

X Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, 9 Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 "Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato". - Parola del Signore.





Spunti per le catechiste per il vangelo di domenica:


Possibili spunti



Consiglio alle catechiste