Parrocchia di Poirino




TEMA: La forza della vita - in data: 16/03/2020

Dal secondo libro dei Re
Elisèo gli mandò un messaggero per dire a Naamàn: «Va', bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato».
Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: "Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra". Si voltò e se ne partì adirato.
Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l'avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: "Bàgnati e sarai purificato"». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato.
Tornò con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele».


La fine della terribile pestilenza del 1630 ha unito Poirino in una festa di liberazione e di ringraziamento che si ripete ancora ogni anno. La vita del popolo lascia nella storia delle tracce indelebili che neppure il materialismo consumistico finora è riuscito a cancellare.
In questi giorni ci perseguita l’angoscia della morte, il rischio di perdere i nostri cari.
E se fosse in confronto con la morte a insegnarci a vivere, quando vedremo la fine della minaccia del Covid19?
Il maggior tempo a disposizione, il sottofondo di preoccupazione, i pensieri di angoscia ci portano in questo tempo a pregare di più. Chi prega confida che il Signore non lascerà mancare il suo aiuto. La preghiera, tuttavia, raggiunge la sua verità più profonda non tanto quando chi prega “offre la vita” (affida a Dio la sua angoscia e gli domanda aiuto), quanto piuttosto quando consegna totalmente se stesso e lascia ogni cosa a Dio: “Padre, io mi abbandono a Te, fa' di me ciò che ti piace. Rimetto l'anima mia nelle tue mani. Te la dono”. Essere pronti, accettare, rimettere l’anima, sono tutte disposizioni che corrispondono al morire. La preghiera nuda dona al Signore “la propria morte”, offre la rinuncia a mettere l’Io al primo posto, presenta a Dio la propria totale povertà. Questo atteggiamento orante coincide con la maturità umana, come l’hanno considerata, per esempio, le scienze umane. Persona matura, a qualunque stadio della sua evoluzione, è chi sa stare solo, chi ha imparato a separarsi. Per dare un senso alla vita è indispensabile “offrire la morte”. Solo in questo totale abbandono ci si mette al riparo dal potere distruttivo dell’angoscia e dell’indifferenza. La certezza dell'Amore ci introduce nella compagnia umana con i vivi e con i morti. Liberati dal terrore della morte, sperimentiamo così una pace imperturbabile: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, chi ha Dio non gli manca nulla”. (Santa Teresa). S. Teresa di Lisieux si è spinta anche oltre: “Signore il mio amore per te è talmente grande che non ho più bisogno di alcuna speranza”. Chi ama Dio ha già tutto. Non saprebbe in cos’altro sperare.
Se vogliamo ritornare a vivere, ad abbracciarci non solo tra di noi ma ad avvolgere di affetto ogni cosa che ci circonda e non continuare a distruggere (e distruggerci) dobbiamo imparare innanzitutto a guardare la morte.
In quello sguardo c’è la prova della fede e la sorgente di ogni vero legame.