Parrocchia di Poirino




TEMA: Il tralcio e la vite - in data: 13/05/2020

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». (Gv 15)

Questa pagina del vangelo può essere gustato solo nella preghiera contemplativa.
Solo lì si capisce che il potere umano è realmente limitato. Vero potere è solo quello che trae la sua forza da se stesso ma questo non appartiene alla condizione umana. Lo ricorda il Signore ai discepoli: “Senza di me non potete fare niente” (Gv. 15,5); lo testimonia davanti a Pilato: “Tu non avresti potere se non ti fosse “donato dall’alto”(Gv. 19,11).
Lo Spirito di Pietà e di Timore di Dio aiuta a riconoscere il Cristo come fonte della nostra vita e a seguirlo sulla strada delle beatitudini. Il Vangelo non contiene precetti da osservare ma piuttosto una grazia da accogliere.
Anche quando si prega in silenzio e solitudine amando Gesù, vivendo con Lui, uniti come il tralcio alla vite, siamo sempre parte viva della Chiesa.
La parrocchia centrata su Gesù si sforza di accogliere la Grazia e farla fruttificare, ponendo fede alla parola di Gesù: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto”(Gv. 15,5).
La cura della liturgia, l’impegno della catechesi e la formazione delle coscienze, la pratica della solidarietà e le attività parrocchiali, sono ispirate a un unico criterio: che tutto sia ordinato alla Gloria di Dio, tutto sia “simbolo”, segno riconoscibile della sua Grazia.
La comunità centrata su Gesù sa, quindi, celebrare la fede, è capace di dare consistenza umana ai simboli religiosi. La parrocchia vive di fede e non solo di legami affettivamente forti; anzi, ritiene che questi (in quanto esperienze emozionali) non siano neppure una via obbligata per vivere la sequela di Gesù. Come insegnava D. Bonhoeffer la condizione normale del cristiano non è la vita affettiva in comunità ma la dispersione nel mondo, luogo della missione e della testimonianza. Il legame tra di noi è un’esperienza interiore, fondata nella comunione con Gesù. La fraternità in Cristo è cosa diversa dalla simpatia. È ben più dell’amicizia. Si diventa amici per scelta, si vive da fratelli solo in quanto ci si riconosce legati ad un Padre (il vignaiolo), in Gesù La vite). Di un amico ci si può sbarazzare ma la fraternità cristiana è condizione indissolubile. Questo legame si alimenta nell’eucaristia, che presto potremo ricominciare a celebrare nelle nostre chiese.

COMUNIONE SPIRITUALE
Ai tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e ti offro il pentimento del mio cuore contrito che si abissa nel suo nulla e nella tua santa presenza. Ti adoro nel sacramento del Tuo amore, l’ineffabile Eucaristia. Desidero riceverti nella povera dimora che ti offre il mio cuore; in attesa della felicità della comunione sacramentale voglio possederti in spirito. Vieni a me, o Gesù, che io vengo da Te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in Te, spero in Te, ti amo.