LINEE ESSENZIALI PER LA CATECHESI DEI GIOVANI

1. Giovani e adulti: un cammino comune

 

La giovinezza è l’età delle promesse ma queste si compiono solo nell’adultità.

Il giovanilismo è l’atteggiamento di chi vuol apparire giovane, indipendentemente dall’età, è il rifiuto della condizione adulta per poter rimanere adolescenti a  vita. Oggi il giovanilismo è una scelta di vita accettata e diffusa, quasi un fatto di costume.

In passato la giovinezza era associata all’idea della brevità, all’attimo fuggente di una vita dura ed incerta, che sarebbe passata veloce, lasciando il rimpianto di un tempo di vigore e bellezza. Le condizioni della vita si sono profondamente trasformate: forza e bellezza si coltivano per tutta la vita, sport ed agonismo non sono condizionati dagli anni.

Della fugacità del tempo, che in ogni caso non può essere trattenuto, il giovanilismo più che negazione, però, è figura e metafora: costumi e tendenze, mode e linguaggi, si avvicendano a ritmi vertiginosi, al pari del gergo giovanile che nasce per essere subito sostituito. Senza il dialogo intergenerazionale, l’adolescenza diventa interminabile.

La catechesi della vita tenta risolutamente di opporsi al giovanilismo ancorando saldamente i percorsi della catechesi giovanile ai modelli di fede adulta, testimoniata nella comunità parrocchiale. Questo approccio diventa possibile quando giovani ed adulti, nella comunità parrocchiale, riescono a dire e testimoniare con convincente chiarezza: “adulto è bello!”. Questo, forse, è il più efficace incoraggiamento a crescere, a non fermare l’evolvere dell’età. La vita appare buona e degna di essere vissuta quando gli adulti testimoniano che è possibile portare a termine il proprio compito.

Poche cose sono davvero importanti nella vita: gli affetti, innanzi tutto; poi il lavoro e la professione, le amicizie e la socialità, la speranza di vivere in un mondo dove ci si possa fidare gli uni degli altri. L’adesione di fede pone poi tutto in una prospettiva di vita dotata di senso e di valore, di fronte allo scacco della morte.

Queste esperienze affondano le loro radici nella giovinezza ma portano i lori frutti nell’età adulta. Alle promesse della giovinezza corrispondono, nell’età adulta, nuovi traguardi; ai sogni tormentati della bell’età, la vita, qualche volta almeno, risponde con frutti deliziosi che “fanno la differenza”.

 

 

Le promesse della giovinezza

L’età che fa la differenza

 

 

I primi amori, il grande amore

La felicità nell'amore

 

Crescere nell'intimità

 

 

Lo studio e l’apprendistato, il primo lavoro

 

Guadagnarsi il pane

 

Il sano realismo adulto

 

 

Il divertimento, lo sport, la cultura

La distrazione, il riposo, la festa

 

Cercare ogni ragione per affezionarsi alla vita. La socialità

 

 

Le grandi amicizie

Apprendere anche dalle sconfitte e dalle perdite. La solidarietà

 

Affrontare la vita e rinnovarsi

 

  Dai primi amori alla felicità nell'amore

Al romanticismo giovanile l’amore adulto aggiunge una crescita dell’intimità che si acquisisce solo con il tempo e comprende il piacere della condivisione, il gusto dell'amicizia e della convivialità. Si affinano le capacità affettive e si diventa disposti alla premura reciproca, solo gradualmente. La sessualità umana è un’esperienza talmente complessa che solo il tempo e la maturità umana possono rendere davvero gratificante. Se lo comunicano indirettamente gli amanti, quando nella difficoltà a separarsi sembrano dirsi:  “io ti amo e ho bisogno di una vita intera per dirtelo”.

Fin dalle sue origini la sessuologia clinica ha individuato nella maturità dell’amore il più sicuro ed efficace afrodisiaco che si conosca.  Il significato della sessualità umana, infatti, é l’amore. La nascita dei figli, l’accompagnamento della loro crescita e la pratica dell’educazione, trasmettono l’indescrivibile emozione di essere trasmettitori di vita e di sentirsi, in questo, creatori, abilitati alla guida e collaboratori delle conquiste delle nuove generazioni. Il tempo della maturità permette di sperimentare gradazioni dell’amore che non s’immaginavano. Si può dire che, proprio nella fedeltà dell’amore che continua, "ci si sposa più volte": in giovinezza l'amore appassionato, per allevare i figli la responsabilità condivisa, più tardi l’amore come compagnia che continua...

Può affacciarsi, a volte, il dubbio di essere veramente amati (dai figli, dal partner, dagli amici...). Si avverte allora un senso di delusione che richiede la forza di affrontare il disincanto, nel delicato passaggio dall'innamoramento all'amore reale e concreto.

 

 Dallo studio e dall’apprendistato alla professione

Gli adulti sanno di doversi “guadagnare il pane”, si propongono, cioè, di ottenere una certa quantità di denaro per raggiungere e mantenere un certo tenore di vita e per procurarsi un livello di collocazione sul lavoro soddisfacente.

Molto di quanto sperimentato nel lavoro quotidiano è riportato in casa; consapevolmente o meno, diventa tema di conversazione o motivo di silenzio, erode o rinsalda la stima di sé e la fiducia nella vita.

Preoccupazione e frustrazione rendono gli adulti taciturni o insofferenti, fanno sorgere problemi d’intesa e di comunicazione. I problemi economici e legati al lavoro hanno un grande impatto sulle famiglie: provocano tensioni ed ansie (le incertezze sulle prospettive di lavoro), sentimenti di inadeguatezza e frustrazione (nei tempi di cassa integrazione o di disoccupazione), serie preoccupazioni (nei momenti ricorrenti di crisi economica) competizioni e rotture nella coppia (per il poco tempo che rimane per il dialogo e la vita insieme). L’adulto maturo resiste alla tentazione di considerare il consumo come la soluzione più rapida, meno impegnativa e dolorosa per realizzare sogni e desideri, per sedare frustrazioni ed insoddisfazioni. Il sano realismo adulto conosce la fatica e la responsabilità  dell’attività quotidiana, ma non si rassegna alla dura necessità del lavoro e non cede alla tentazione di “vivere per lavorare”, perché i valori irrinunciabili e la cura costante dei legami familiari impongono di considerare ogni cosa solo come strumento per un fine incommensurabilmente degno: l’amore. Non considera la professione come l'unica espressione di sé, vigila perché la dimensione economica non limiti troppo pesantemente il resto della vita. Pone attenzione perché gli interessi personali non oscurino quelli collettivi, perché non vengano meno i grandi ideali e l'attenzione alle persone. Non abbandona la convinzione che non ci sia più nulla da imparare: guarda ancora oltre a quanto è stato raggiunto o costruito.

 

 Dal “divertimento” alla festa

Ci sono vicende che sfuggono al controllo dell’utilità eppure sono essenziali alla vita, così come avvengono fatti che appaiono straordinari ma che, in realtà, capitano per confermare l'ordinario. La festa è un’irrinunciabile espressione di libertà, una piacevole "trasgressione" dell'abituale, del previsto. E’ un modo per dire che il quotidiano non basta, che non esistono solo la necessità, l'utilità, la prestazione.

La festa, il riposo, la distrazione sono le occasioni che occorre creare sistematicamente per non dimenticarsi delle persone, per comunicare loro, in modo chiaro e visibile, che sono quanto di più importante si possieda al mondo. La festa, infatti, che è sempre collettiva e individuale insieme, ha successo non per le imprese straordinarie che si compiono, ma perché le persone si sentono importanti. Nella festa si ricerca, in fondo, una garanzia, una sicurezza affettiva. La cura dei legami richiede un linguaggio particolare: a diversità delle cose, si possono godere ma non possedere. I sentimenti fanno intravedere e desiderare un orizzonte che sorpassa il “qui e adesso”: per questo è importante coltivare il piacere di ciò che si fa, accontentarsi di quello che si è, gioire delle persone che si hanno in dono. Sono le condizioni che predispongono alla fiducia. Nel riposo e nella festa si diventa capaci di ammirare e contemplare ciò che è stato creato: è in tale sguardo che si consolidano i rapporti.

Gli adulti, capaci di affrontare la vita e di rinnovarsi, sanno sdrammatizzare e relativizzare quanto stanno vivendo; sanno apprendere anche dalle perdite e dagli insuccessi; cercano ogni ragione per affezionarsi alla vita, a se stessi, alle persone, aprendosi alla speranza, ribadendo i propri valori. Amano la famiglia ma coltivano relazioni che si estendono oltre la loro casa: la dilatano per proteggerla. Le capacità pratiche, la voglia, ancora, di divertirsi, la lotta alla rassegnazione, non smettono di generare nella condizione adulta curiosità, stupore, fiducia. La fragilità umana e il dolore non sono mai, per un adulto maturo, un’obiezione contro la vita, contro il piacere, contro i valori della terra. È bello stare al mondo nonostante il dolore; è credibile solo un cristianesimo gioioso ed amante della vita.

 

Dall’amicizia alla solidarietà

La vita è un'intensa vicenda emotiva dove l'ansietà, la paura, la collera e il senso di colpa, provocano cambiamenti, anche somatici: ferite nell'anima che diventano ferite del corpo, pesantezze del corpo che appesantiscono l’anima.

La tensione aumenta man mano che predomina la sensazione di perdere il controllo della situazione (ansia), di non poter essere aiutati da nessuno (paura), di non essere sostenuti da qualcuno che potrebbe farlo (collera), di non avere affrontato la situazione quando si poteva fare o di averlo compiuto male (senso di colpa). Gli amici della giovinezza si diradano ma i legami della solidarietà si consolidano.

Alcuni tratti dell’anima dicono quando la ferita non è ancora "guarita": come quando si conserva rancore, quando si perdura nella tendenza a commiserarsi e avere poca stima di sé, quando non si riesce a perdonare.

Oggi si vuole il benessere, ma il cercarlo fuori e anche a discapito dei legami produce sempre sofferenza. L'atteggiamento prevalente verso il dolore è la persuasione, data dalla tecnica, di poterlo dominare. Ma è piuttosto il dolore che sconfigge la pretesa onnipotente della tecnica. Non bastano i farmaci e gli specialisti: la vera risposta al dolore è culturale, collettiva. Lo dimostra la sofferenza più acuta, la delusione e del tradimento affettivo, che non conosce farmaci (se non per sedare il cervello). Può essere affogato nell’oblio e nella fuga dalla realtà, ma occultando il dolore, si mette a tacere anche il segnale di un equilibrio turbato e si rischia di non ascoltare i bisogni più profondi. 

Solo l'amore cura le ferite della vita.

L’adulto maturo sa affrontare la vita e rinnovarsi. Se trova il tempo necessario, se si cerca l’aiuto  rassicurante della famiglia, degli amici, dei servizi istituzionali, è possibile sostenere la fatica della vita.  Si può così apprendere anche dalle sconfitte e dalle perdite. Il dolore accolto e portato nella cultura dei legami innesca un dialogo interiore che prelude a una vera rinascita che aiuta a prendere le distanze dalle cose e dalle passioni e a vivere i condizionamenti (anche pesanti) della vita, non più come impedimento ma come risorsa. 

Si apprende, si cambia, si esplora la vita propria e altrui; è la vita che continua ad educare, infligge le sue ferite, a tratti anche dolorose, ma sa anche offrire rimedio, fasciare e lenire.

 

2. Un unico metodo, diversi approcci

 

Si può chiamare metodo il tipo di relazione comunicativa che la catechesi concretamente stabilisce tra la vita della persona e il contenuto del messaggio (il rimando circolare della fede e della vita), attraverso la mediazione del catechista (o evangelizzatore). Il metodo istituisce l’articolazione, più o meno efficace, tra traditio e redditio perché la fede diventi pratica di vita.

Una metodologia formativa adatta per una catechesi orientata alla vita e alla mentalità di fede può essere individuata nella revisione di vita (RdV)[1]. Y. Congar l’ha definita la forma di spiritualità tipica del post-concilio. Il terreno vitale della RdV è la spiritualità del laicato maturo nella fede e testimone. Questo metodo, sostenendo l’interiorizzazione e la personalizzazione degli avvenimenti, promuove l’attenzione ai segni dei tempi, la coerenza dei comportamenti, la ricerca della vocazione, aspetti che il fluire troppo rapido dei vissuti e delle emozioni tende ad indebolire. La RdV orienta a una mentalità di fede più matura e responsabile, in sintonia con quanto il concilio si attendeva dall’intera comunità dei credenti: 

"La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo" (GS 43). 

I tre verbi della RdV: vedere, giudicare, agire diventano nel documento pastorale del Concilio i tre passi della metodologia suggerita insistentemente dalla Gaudium ed Spes:

- partire dalla vita concreta delle persone e dalla cultura che esse vivono (“assumere”),

- considerarne i valori e le contraddizioni alla luce della Parola (“purificare”),

- migliorare concretamente la realtà in cui si vive (“elevare” GS n. 4,11, 34).

La catechesi parrocchiale, nella RdV, cura la formazione dell’attitudine di fede a lasciarsi interpellare dai fatti della vita, ad interpretare e giudicare i segni del tempi,  ispirandosi al criterio evangelico della doppia fedeltà, perché non è possibile perseguire le “cose ultime” se non si è fedeli e corretti nelle “cose penultime” (Lc. 16, 9-13).

Nella catechesi dei giovani la sequenza didattica del metodo può comportare altri passaggi essenziali come partire dalla vita - Incontrare la Parola - Celebrare  - Tornare alla vita.

Comune invece è l’invito a raccontare la propria esperienza più che a discutere idee astratte, a confidare i propri stati d’animo, sentimenti, attese, domande, a condividere le preoccupazioni personali e motivarsi all’azione e alla preghiera.

Il testo della catechesi della vita è la quotidianità con le sue gioie e le sue durezze. Le aree vitali, significative dove raccogliere i “segni dei tempi” e le tracce della vocazione cristiana, si raccolgono attorno alle esperienze umane essenziali che caratterizzano la vita adulta: l’affettività, il lavoro e la festa, la socialità, la fragilità della vita.

La quotidianità è il campo dove si nasconde il tesoro del Regno, secondo la convinzione che da sempre condividono i cristiani che, cioè, la “storia è gravida di Cristo” (S. Agostino).

 

     La condizione giovanile

Gli osservatori sociali parlano oggi esiste di una "questione giovanile”, difficile e  complessa, dal momento che è divenuto evidente che nessuna problematica giovanile può sottrarsi all’evoluzione della società di cui, i giovani sono i sensori e gli anticipatori. Esiste anche una questione giovanile nella Chiesa, a motivo dell’evidente difficoltà nella trasmissione della fede. Insistono soprattutto sui temi delle difficoltà dei giovani e del loro svantaggio sociale, come emerge chiaramente dai titoli di alcuni testi spesso citati (Ambrosi E. Rosina A., Non è un paese per giovani,  Boeri T. Galasso V. Contro i giovani,  M. Livi Bacci, Avanti giovani alla riscossa). Adolescenti e giovani sono per lo più descritti come marginali, invisibili o assenti nei processi storici e culturali della società, apolitici e disimpegnati. I titoli della cronaca, gli argomenti dei dibattiti, i motivi d'interesse di chi si ferma a parlare oggi delle nuove generazioni, insistono, per lo più, sulle tinte oscure del disagio: le preoccupazioni sono la crisi del sistema educativo e gli abbandoni scolastici, le difficoltà del mercato del lavoro lo scarso peso e la poca voce dei giovani.

Si guarda, così, alle nuove generazioni come a un mondo opaco, misterioso, un territorio che spesso gli adulti e gli educatori non sono più in grado di riconoscere. Ne è prova il ricorso frequente ai luoghi comuni che rimandano quasi immediatamente, parlando delle nuove generazioni, a immagini di passività, a volte di svogliatezza o anche di fuga di fronte alle responsabilità.

La difficoltà della condizione giovanile si scontra con due fattori evidenti: da una parte le trasformazioni pratiche della vita sociale (la crisi del lavoro, il cambio culturale, la fragilità dei legami), dall’altra l’inadeguatezza delle idee e dei discorsi a interpretare i cambiamenti in atto. Non basta, infatti, annodare i fili di una tradizione pedagogica dispersa; servono nuove idee e nuove pratiche educative. L’educazione sembra oggi impossibile perché, prima ancora, non si riesce a pensarla. Persa la possibilità di poter trovare il senso affidabile del mondo (dei legami familiari, del costume sociale, dell’evoluzione della realtà) diventa impossibile l’educazione.

L’Italia in questo inizio secolo appare, sia nella descrizione dei ricercatori, sia nella percezione popolare, sfiduciata e affaticata[2]. Prevalgono le descrizioni negative: i dati statistici e le indicazioni della ricerca sociale parlano di una generazione senza voce, in un paese disincantato che ha rinunciato a investire e a crescere.

I percorsi scolastici universitari tendono ad allungarsi a dismisura, si abbandona la casa dei genitori sempre più tardi. I tassi di occupazione si sono abbassati ed è aumentata l’età del primo lavoro stabile. Secondo il Rapporto ISTAT 2010 vive in famiglia 58,6% dei trentenni per problemi economici o per poter studiare. Sono in aumento i “neet” (Not in education, employment or training), ragazzi fuori dal circuito formazione-lavoro: in 2 milioni non studiano e non lavorano. Tra i giovani ci sono stati 300 mila occupati in meno: in un solo anno la flessione dell’occupazione dei 18-29enni è tre volte superiore a quella degli altri lavoratori.

I mondi giovanili sono descritti dagli adulti con nomi diversi (generazione invisibile, generazione x, generazione in ecstasy...), ma tutti concordano nell’indicare la mancanza di un’identità precisa e determinata.

Le nuove generazioni hanno perso consistenza numerica, diventano pienamente autonome assai tardi, e si sentono sempre meno protagoniste della società che abitano, e che, d’altra parte, essi non contestano e non ritengono di dover cambiare. Il saggio di  E. Ambrosi e A. Rosina, Non è un paese per giovani, documentano l’anomali italiana dei padri che monopolizzano spazi e risorse disponibili e di figli che dipendono morbosamente dalla famiglia senza il coraggio di immaginare un futuro diverso.

I giovani oggi sono più poveri, dipendenti dalle famiglie, immobili, smarriti. T. Boeri  e V. Galasso nel loro scritto “Contro i giovani” descrivono un'Italia anziana dove i giovani sembrano più soggetti marginali che protagonisti del presente e del futuro. Gli adulti stanno costruendo una società che ruba avidamente ai giovani spazi e tempi e non presta attenzione alla possibilità del loro futuro sviluppo. La loro esclusione sociale assume forme diverse e molteplici: dal reddito, dal mercato del lavoro, dalla prestazione dei servizi e dalle relazioni sociali; sul versante dell’economia come su quello dei diritti e della solidarietà. Lo squilibrio generazionale rende inoltre la società più iniqua ma anche meno dinamica. I due studiosi mettono in causa anche il sistema scolastico italiano. Al di là della bassa scolarità, anche la qualità dell’istruzione è bassa in Italia. Siamo ai livelli più bassi nelle classifiche sulla qualità dell’istruzione secondaria, pur spendendo per essa più che in molti altri paesi europei. Per le famiglie, quello che conta è ricevere il pezzo di carta: il valore dell’ istruzione ricevuta non conta in sé. Ma quando la scuola funziona così male, non diventa un canale di promozione sociale.

Il futuro ha sempre rappresentato una promessa, mentre oggi si è trasformato in minaccia. I giovani stanno diventando una risorsa scarsa, eppure il loro contributo è indispensabile per rilanciare lo sviluppo del paese. La loro passività li rende meno capaci di diventare protagonisti del cambiamento e del rinnovamento sociale. Una loro riscossa è urgente ma manca in loro la speranza di successo. Nell’esclusione i giovani diventano apatici, vivono la loro situazione come un destino individuale e non collettivo, al quale è possibile sfuggire solo nella buona sorte individuale. Aumenta di conseguenza la frustrazione e sfiducia generalizzata verso le istituzioni.

Il mondo giovanile è una realtà poliedrica che riflette la frammentazione di una società segnata dalla complessità. La capacità della Chiesa di comunicare con i giovani dipende, quindi, dalla sua capacità di “abbassare la soglia di accesso” per venire incontro al maggior numero possibile di esigenze e di attese. Gli adolescenti e i giovani, infatti, fanno dipendere la loro risposta dal fatto che vi trovino, o meno, un certo interesse ma le aspettative, a seconda degli ambienti, sono molto diverse: riconoscimento, divertimento, motivazioni altruistiche, sviluppo delle proprie capacità. L’adolescente non può rinunciare a rispondere alle sue domande, né può contrastare i suoi bisogni, soprattutto quando non li vede riconosciuti o li trova incompatibili con le regole del suo ambiente di vita e l’approvazione dei pari nel suo raggio di socializzazione. Non sarebbe giusto abbassare la soglia liturgica ma è possibile preparare la strada allo splendore della liturgia cattolica.

Lavorare con i giovani richiede la capacità di sapersi mettere in gioco e di essere disponibili ad accettare i nuovi punti di vista di cui sono portatori.  Le loro capacità creative si esprimono in un inesauribile ventaglio di soluzioni originali per integrare le esperienze con una coerenza affettiva, relazionale ed etica, ancora provvisoria ma in formazione.



[1] cfr. S. Spinanti, Nuovo dizionario di spiritualità EP voce Revisione di vita p 1331)

[2] Cfr. Gallino L., 2006 Italia in frantumi, Laterza Bari

 

Coltivare grandi sogni

Non smettere di interrogarsi

Nella comunità cristiana

La testimonianza nella società

 

 

L’amore

 

(la consacrazione a Dio)

- L’annuncio biblico della sessualità

- Il sacramento del Matrimonio

 

- La centralità dell’Eucaristia

 

 

- La celebrazione della promessa d’amore.

La condizione del fidanzamento e la preparazione immediata al Matrimonio

 

 

La fine dello studio e il difficile inizio del lavoro

 - La vita come vocazione

- Avere cura e trasformare la terra

- La preghiera quotidiana

(Liturgia delle ore)

 

 

- La celebrazione del primo lavoro

 

La professione come Vocazione e come servizio

 

 

 

L’autonomia da raggiungere

 - la formazione della coscienza morale

- La vita nuova in Cristo

- La maturità della Fede

- La celebrazione della Penitenza

 

 

 

 

 

La qualità della vita nell’essenzialità

La virtù della povertà

 

Le grandi amicizie e il divertimento.

Le scelte di vita.

 Le virtù teologali della Speranza e della Carità

La preghiera comunitaria dei giovani

 

Il servizio, la solidarietà.

L’impegno politico

 

 

Partire dalla vita

 

Incontrare la Parola

 

Celebrare

 

Tornare alla vita